Le abitazioni nell’antica Roma

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Nel secondo secolo d.C., Roma aveva un gran numero di abitanti ed era la città più grande dell’impero.

La popolazione era eterogenea: oltre ai cittadini romani, c’erano gli schiavi, i liberti (gli schiavi liberati) e molti stranieri, provenienti da tutti i paesi conquistati dai Romani.


L’imperatore viveva in una grande casa (domus), composta da numerosi edifici, sul colle Palatino, in latino Palatium, termine da cui deriva la parola , per indicare un edificio di grandi dimensioni, con funzioni di residenza e rappresentanza.


Le famiglie ricche abitavano in una (domus) di uno o due piani, che si estendeva per circa 900 mq su uno spazio rettangolare, delimitato da un muro.

L’ingresso si apriva su uno dei lati corti.

Le stanze ai lati del portone, che davano sul vestibolo, potevano essere affittate come negozi (tabernae).

All’interno, i vari ambienti erano disposti intorno a un (atrium) con una per la raccolta dell’acqua piovana, al quale si è successivamente aggiunto un (peristylium) racchiuso da un portico. Dal cortile o dal giardino, la luce entrava nei vari ambienti della domus.

Le stanze principali erano la camera da pranzo (triclinium) e un ambiente (tablinum) che conteneva il matrimoniale, le immagini degli antenati e l’archivio di famiglia.

C’erano inoltre una cucina, un bagno e i locali dove vivevano gli schiavi.

Nelle case degli uomini più facoltosi, il peristilio poteva essere dotato di bagni termali (thermae).


Le famiglie povere vivevano in una o due stanze all’interno di edifici (insulae) di quattro o più .

Anche in questi edifici gli ambienti erano disposti intorno a un cortile, dal quale partiva la che portava ai piani superiori.

Il primo piano aveva anche un di legno che girava tutto intorno all’edificio, mentre ai piani superiori potevano esserci dei ballatoi.

Le non avevano vetri ma potevano essere chiuse con imposte di legno.

Le strade su cui si affacciavano queste abitazioni erano strette e rumorose, per il gran traffico di carri.




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